Meditazione Sahaja
Non è facile al giorno d’oggi fermarsi a “non pensare”.
Le richieste che ci vengono fatte sono sempre più numerose e sempre più incalzanti. Nonostante le tecnologie più avanzate avessero proprio il fine di alleggerirci dal lavoro, sembra non ci sia mai abbastanza tempo per fare tutto quello che vorremmo fare e, soprattutto, sembra non ci sia il tempo per portare l’attenzione su noi stessi perché quell’attenzione è richiesta, anzi pretesa all’esterno, sollecitata da tutti gli stimoli che bombardano costantemente la nostra persona.
E così, mentre siamo travolti da questo mare in tempesta di stimoli e di richieste, dove ci sembra non ci sia altra possibilità che lasciarsi trascinare dalla corrente, a volte si incontrano inaspettatamente delle insenature dove il mare diventa improvvisamente calmo e ci da la possibilità di recuperare le forze per poter di nuovo affrontare la tempesta ma con una determinazione nuova.
Uno di questi incontri è la meditazione Sahaja.
Che cosa è la meditazione Sahaja?
È una pratica meditativa diffusa nel mondo da Shri Mataji Nirmala Devi che consente la ricerca e la stabilizzazione di uno stato di equilibrio utilizzando potenzialità innate nell’essere umano e realizzando il risveglio di un’energia materna dentro di noi che in sanscrito si chiama Kundalini.
Caratteristica saliente di questa forma di meditazione è che ciascuno possiede già dentro di se gli strumenti necessari per perseguire e mantenere l’equilibrio conferito dallo stato meditativo.
Pertanto, attraverso l’apprendimento delle tecniche meditative, ciascuno entra in uno stato di profonda e consapevole intimità con se stesso e diventa maestro di se stesso.
La meditazione Sahaja dà pertanto a ciascuno la possibilità di entrare in contatto con se stesso e di percepire autonomamente quali sono gli squilibri energetici presenti nel suo sistema sottile, in altri termini potremmo dire che consente a ciascuno di fare diagnosi e, in rapporto a quanto percepito, consente di attuare, utilizzando le tecniche meditative appropriate, un riequilibrio dei punti energetici alterati. Potremmo quindi dire che consente di fare terapia in rapporto alla diagnosi fatta all’inizio della meditazione.
Questo è davvero un percorso straordinario che mette l’uomo al centro della gestione di se stesso e lo rende responsabile del suo cammino evolutivo. Come diceva una famosa frase latina: ”Faber est suae quisque fortunae”.
Ma la cosa più straordinaria è l’estrema semplicità e naturalezza delle tecniche meditative.
Per stare bene bisogna, in modo semplice e spontaneo, volersi un po’ più di bene e dedicare qualche minuto al giorno a se stessi, alla parte più profonda di se, al resto ci pensa la meditazione Sahaja, o meglio la nostra Kundalini.
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